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IL SONNO DELLA SOSTANZA GENERA FORMA?

Tempo di lettura: 4 minuti

Premetto, questa riflessione a mente aperta ha nel suo DNA qualche elemento vagamente polemico ma lo scopo è come sempre innescare una riflessione e non alzare barricate guelfe o ghibelline intorno ai due tempi portanti: forma e sostanza. Fatta la premessa di pace, entro nel vivo.

Quale è il senso della mia domanda e da dove arriva? Da luoghi e contesti differenti che però hanno un denominatore di fondo e cioè che il mantra ripetuto in sempre più ambiti – “non si può più inventare niente, e l’importante non è l’originalità di quello che si racconta ma COME lo si racconta” – rischi di diventare un motore involutivo. O de-evolutivo. Insomma un forza distruttrice mascherata da energia progressista il cui effetto più manifesto è allontanare dalla ricerca della sostanza le menti creative, spingendole sempre più verso la forma.

Partiamo dal cinema (o dalla televisione, o dallo streaming di genere). Qui il predominio della forma sulla sostanza è appariscente perché molto estetico. Quante volte succedono cose che non hanno molto senso, o che hanno una logica interna scricchiolante, ma che sono propedeutiche a qualcosa che si vuole mostrare a tutti i costi? Il punto di arrivo diventa più importante del viaggio: un altro volto del predominio di forma su sostanza. Faccio due esempi talmente diversi tra loro da rendere pericolosamente chiaro quello che intendo. Il primo è la stazione spaziale Yorktown di Star Trek Beyond. Una creatura narrativa di pura estetica, con pochissima sostanza, che finiva con il disintegrare la necessaria coerenza interna del film. Il secondo è il blocco narrativo finale di Tenet, punto di arrivo e altare sul quale Nolan aveva sacrificato parte della sostanza del film solo in favore di quella forma straordinaria e assolutamente visionaria. Perciò: visto che stupire con la sostanza non è più possibile (ed è anche molto faticoso), lo faccio con la forma.

In ambito letterario le cose rischiano di non essere tanto diverse, soprattutto per quello che riguarda la narrativa di genere tout court. Ora, è evidente che rispetto a settanta anni fa sono state dette più cose, sono state esplorate più strade che conducono al futuro e ci siamo arrampicati sulle spalle dei giganti per tentare di espandere il mosaico costruito da loro. La base è sempre quella. Ma “è già stato detto tutto” inizia a suonarmi come un alibi che i professionisti del settore (indipendentemente dalla parte della barricata in cui si trovano) impugnano come arma passivo-aggressiva di distruzione creativa di massa. La sostanza delle storie inizia a soccombere sotto gli attacchi della forma? Partendo dal presupposto che “è stato detto tutto” direi di sì. E visto che è già stato detto tutto, non importa cosa mi stai dicendo, ma mi interessa come lo dici. Perciò se anche quello che mi racconti non ha elementi innovativi di fondo, va bene comunque. Anzi. Quasi diventa un pre-requisito perché è meglio offrire sostanza nota con una forma nuova che il contrario. Ecco. L’importante è che abbia un forma inedita, in qualche maniera. Che abbia una sua voce, una sua identità.

Attenzione. Voce e identità sono cose molto importanti ma davvero possiamo utilizzarle come timone creativo? Il mio timore è che inseguendo quelle si finisca con il penalizzare materie di sostanza, cose con toni e stili più forse comuni, ma che al loro interno hanno componenti di originalità SOSTANZIALE. Non estetica. Non di forma. L’equilibrio è sottile e la mia è di certo una preoccupazione da ‘classicista-pop‘. Eppure la tendenza mi sembra quella e non sono sicuro sia una tendenza che sul lungo periodo servirà a garantire il pluralismo creativo di cui, sempre più, abbiamo bisogno.

Esagero? Va bene, esagero. Lo faccio con una provocazione, con un’iperbole. Gli Eloi della Macchina del Tempo di Wells. Uomini del futuro totalmente privi di sostanza, intrappolati in una nuova forma umana priva di linguaggio. Incapaci di produrre, di ragionare, riportati a una forma primitiva di equazioni emotive primordiali. Una forma privata di ogni creatività, di ogni sostanza, perché assuefatta dalla schiavitù tecnologico-sociale-formale dei Morlock.

Ovviamente spero – anzi sono certo – di sbagliarmi.

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