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Percezione, realtà e inganno

Tempo di lettura: 5 minuti

Lo spunto per questa riflessione nasce in tre fasi: la prima fase è stata un’ottima cena annaffiata da un buon vino rosso, la seconda il torrido caldo di queste settimane e la terza, ultima ma non ultima, la notizia di questi giorni sullo stop da parte di Facebook alla comunicazione tra due intelligenze artificiali.
Scremate tutte le suggestive teorie fantascientifiche lo staff del social ha deciso di interrompere l’attività delle due IA perché queste comunicavano tra loro utilizzando un linguaggio poco comprensibile agli esseri umani. Ma non per il desiderio di ingannare i loro creatori, quanto per una mancanza di alternative: non erano state formate nel modo corretto (in sostanza, semplifico, non sapevano l’inglese) e hanno tentato di comunicare con i soli strumenti di cui disponevano. Sotto molti aspetti questo è un atteggiamento molto, molto umano.
Anche noi affrontiamo la realtà in tutte le sue molteplici sfaccettature con gli strumenti di cui disponiamo. Formazione culturale, formazione emotiva, interessi, esperienze, interazioni con altri esseri umani. E informazioni. In un mondo connesso ventiquattro ore su ventiquattro un ruolo sempre più importante lo rivestono le informazioni. Che siano veicolate da social network, piuttosto che da siti di informazione, piuttosto che da pagine di giornale o servizi televisivi poco importa. Una volta consolidato il proprio carattere, una volta interiorizzate le esperienze formative di base, la fetta principale di variabili sono le informazioni. Soprattutto se consideriamo l’attuale assetto del mondo cosiddetto occidentale.

Informazioni
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Certo come vengono gestite dipende dal nostro impianto emotivo di base, ma vista la loro mole, la persistenza con la quale ci investono, hanno di certo un ruolo fondamentale. E temo questo ruolo sia molto sottovalutato, ma questo è un altro discorso. Tornando al punto la valanga di informazioni che ogni giorno ci transitano attraverso diventa, di fatto, uno strumento di comunicazione. Un nuovo linguaggio comune quasi spontaneo, proprio come il robotese delle due IA che non avevano altri strumenti a disposizione. I concetti diventano forma, anche perché spesso concetto ed emotività sono veicolati insieme (ne avevo parlato per sommi capi in questa riflessione anticipando un po’ il tema delle IA). Ma cosa succede se le informazioni, se questi concetti, iniziano ad andare in conflitto con la realtà? Cosa succede se una componente del nostro linguaggio diventa inadeguata rispetto a quanto viviamo, o dovremmo vivere, ogni giorno?
Faccio un esempio: dal punto di vista pratico/astratto (pratico/astratto perché sono cose concrete ma senza fisicità, all’economia e alle informazioni non puoi stringere la mano) viviamo in un mondo che non ha più nessun confine. I capitali DEVONO girare liberamente, la nostra economia lo richiede, gli investimenti non possono essere rallentati altrimenti il modello di sussistenza globale (o meglio il modello di una parte di mondo). Le informazioni ancora di più. Sarebbe terribile pensare di postare una foto su Instagram senza che qualcuno dall’altra parte del mondo possa vederla nello stesso istante. Alla stessa maniera tra l’invio e la ricezione di una email DEVE passare meno di un secondo. Settimane tra l’invio di un messaggio e la sua ricezione, come ai tempi della posta cartacea? Inaccettabile.

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Eppure quando si tratta di esseri umani le cose cambiano. Questo abbattimento delle distanze, questa totale fluidità di confini non si adatta alle persone. Non può. Al netto di un giudizio di merito sul fenomeno dell’immigrazione (è complesso e non è lo scopo di questa riflessione) c’è un evidente problema di fondo. E’ come esprimersi utilizzando una forma di comunicazione nella quale la stessa parola ha due significati opposti in relazione a cosa la si applica. Non differenti, opposti. Secondo me questa cosa crea confusione. Un disordine di fondo i cui effetti emergono a macchia di leopardo, un’incapacità sempre maggiore di far collimare la percezione del mondo con la sua veridicità. Come possiamo concepire la libertà totale negandola al tempo stesso? Ripeto, senza considerazioni di merito. Sono convinto che questa discrasia costante, persistente, quasi sottocutanea, stia piano piano modificando anche il nostro modo di comunicare forse persino la nostra capacità di farlo. Il cervello umano, soprattutto nei suoi strati più profondi, semplifica e cerca di mettere ordine anche laddove un ordine sembra non esserci. I traumi vengono ridimensionati, le delusioni interiorizzate e rese più facili da accettare. Siamo adattabili, sia in positivo che in negativo e l’asticella emotiva viene manovrata dal nostro io interiore senza che ce ne accorgiamo. Si alza e si abbassa, in relazione a tutto quello che dobbiamo assimilare, processare, comprendere. Ma un subconscio inondato da pacchetti concettuali discordanti, da principi teorici e pratici in netto contrasto tra loro, come potrebbe reagire? Siamo come le IA di Facebook? Stiamo comunicando con un linguaggio inadatto a essere compreso? O peggio?

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3 Comments

  • Steffy
    Posted 2 Settembre 2017 at 17:45

    Il mondo conscio mira ad una connettività globale molto virtuale e quello inconscio ci fa costruisce sempre più muri nella sua realtà fisica. Le persone che costituiscono questo ‘mondo’ non hanno ancora capito cosa significa ‘connettività’ globale e sicuramente sono molto lontane dal comprendere le tanto straordinarie quanto impegnative implicazioni. Anche se probabilmente non è stata raggiunta la maturità necessaria e nemmeno è stato ancora trovato il linguaggio adatto a questo massivo scambio di informazioni, non penso che si possa tornare indietro. I muri sono destinati a cadere, perché come diceva mia nonna ‘se arriva l’acqua aprigli le porte e anche le finestre’, perché lei non si ferma. Puoi applicare la metafora, reale o virtuale che sia, come e dove vuoi, la deduzione finale non cambia e come sempre ci sarà da pagare il fio. Cosa succederà? Verrà probabilmente applicata una primaria legge di natura: o ti adatti e quindi evolvi o soccombi. Semplice. Le IA di Facebook si capivano benissimo. Sono i loro creatori che forse non avevano ben presente il significato di ‘intelligenza’ e poi si sono spaventati? Magari quando capiremo bene la ‘I’ allora riusciremo a capire la ‘IA’ anche se non parla inglese.

  • Post Author
    Maico Morellini
    Posted 6 Settembre 2017 at 12:21

    Sono d’accordo, tornare indietro non si può.
    Ma secondo me sarebbe necessario almeno porsi il problema e capire che se la tecnologia corre più veloce della capacità di adattamento dell’uomo (sia essa emotiva, pratica o mentale) i risultati possono diventare imprevedibili.
    Analfabetismo funzionale, leoni da tastiera, perdita di significato dei concetti: sono tutti segnali che vanno in una direzione inquietante. Il linguaggio sta perdendo spessore e corpo in favore di … cosa? Cosa sta prendendo il posto della parola nella nostra comunicazione standard?

  • Steffy
    Posted 7 Settembre 2017 at 21:33

    In un punto incerto nel passato e per qualche altrettanto incerto motivo nasceva il linguaggio umano che ha accompagnato l’uomo fino a qui. Magari il linguaggio era solo una delle possibilità evolutive, magari era quella giusta per il suo tempo e magari è tempo di esplorare altre possibilità. Il linguaggio potrà pur essere legato all’intelligenza, ma l’intelligenza non è legata al linguaggio. Cosa prenderà il posto della parola? Un’idea si potrebbe anche avere, ma logicamente non ci sono parole che possano spiegare. 😉

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