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X-Men: Days of Future Past (preview cinema)

Tempo di lettura: 3 minuti

Dietro a questo titolo e ai suoi legami con la realtà fumettistica degli X-Men di cui parlerò tra poco, si nascondono molte e molte cose. La prima di tutte è, per citare Star Wars, la chiusura del cerchio. In che senso? Nell’unico senso possibile: quello del regista.
Mr. ‘I soliti sospetti’ Bryan Singer, che aveva fatto un lavoro magistrale girando i primi due X-Men (e che aveva abbandonato il terzo capitolo per gettarsi a capofitto sul fallimento di Superman Returns (2006)), si ricongiunge alla sua creatura. Dopo l’X-Men: First Class di Matthew Vaughn (2011), che aveva ridato nuovissima linfa a una serie incamminata verso un nemmeno tanto lento declino, ecco che il sequele del prequel (ditelo veloce, se riuscite) torna nelle mani dell’ex bambino prodigio. Cosa dobbiamo aspettarci?

Tanta voglia di riscatto, prima di tutto. E il ritorno di una delle coppie più inquietanti del cinema: Bryan Singer e Ian McKellen. Nel 1998 i due avevano dato vita a una inquietantissima trasposizione cinematografica di un racconto di Stephen King (‘Apt Pupil’, in italiano ‘l’Allievo’) per poi ritrovarsi nel primo X-Men (2000).
Minimo comune denominatore: la capacità di esaltare personaggi (e percezioni) legati in qualche modo al nazismo (ne ‘L’Allievo’ McKellen era un nazista sfuggito a Norimberga e al Mossad, negli X-Men le scelte di Magneto derivano soprattutto dall’aver sofferto le torture naziste nei campi di concentramento) in un modo non solo originale, ma anche tremendamente efficace. Infatti, e se davvero il titolo di questo nuovo X-Capitolo mantiene quello che promette, buona parte della narrazione si dovrebbe incentrare su campi di concentramento per mutanti nei quali Sir Ian ‘Magneto’ McKellen sarà rinchiuso insieme ai suoi nemici giurata: gli X-Men, appunto (guidati ancora da Patrik Stewart).
D’altra parte le sofferte origini della psicologia di Magneto erano già eccellentemente sviscerate nel precedente ‘X-Men: First Class’, una sorta di apripista per Singer e i suoi oscuri talenti (ricordate come erano disturbanti i gerarchi nazisti in ‘Operazione Valchiria’ (2008)). Qui non devono far altro che catalizzarsi in un futuro che vedrà il signore del magnetismo di nuovo prigioniero verso quella che prevedo sarà un’escalation narrativa di grande effetto. Stando alle indicazioni di trama che ci vengono da ‘Giorni di un Futuro Passato’ Fassbender lotterà per impedire che McKellen e gli altri mutanti debbano affrontare un futuro troppo simile al passato di Magneto.
Credo che sarà proprio lui la chiave di volta attorno alla quale tutti gli altri personaggi, compreso uno Xavier che immagino sempre più incerto sulla sua linea pacifista e portata alla convivenza, ruoteranno.
Insomma X-Men: Days of Future Past sancisce da un lato il ritorno alla gloriosa origine dei nostri mutanti preferito sia come regia che come tematiche (senza nulla togliere all’egregio lavoro di Vaughn), dall’altro potrebbe ripulire gli errori di X-Men: The Last Stand facendo a tutti gli effetti, un doppio passaggio di consegne tra le due generazioni. E aprendo, quindi, la strada per un percorso simile al bell’esperimento dei ‘Vendicatori’.
Non ci resta che aspettare il 2014 per vedere se ho ragione.

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