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MIDNIGHT MASS – DI MIKE FLANAGAN

Tempo di lettura: 7 minuti

La morte. Il sogno che pone fine a tutti i sogni. E tutto rimane esattamente come era prima di me.

Riley Flynn

Mike Flanagan (Hill House, Doctor Sleep, Oculus e altro) non è un turista dell’horror, tutt’altro. È un esperto artigiano capace di intagliare e di scolpire un suo spazio molto personale nel vasto panorama contemporaneo. Un ecosistema che si va rafforzando con l’arricchirsi della sua produzione artistica. Laddove alcuni suoi colleghi travolgono e abbagliano con una potentissima capacità visiva, ecco che Flangan predilige una regia più pulita, geometrica. Personale, riconoscibile ma figlia di un mestiere consolidato. E compensa arricchendo la sua narrazione con contenuti forse meno espliciti ma non per questo meno efficaci. Midnight Mass, serie horror di 7 episodi disponibile su Netflix, è proprio questo. Una scultura, un intarsio, un’incisione e uno specchio. Ma andiamo con ordine.

Copyright: Intrepid Pictures

CROCKETT ISLAND

Un isola è un isola solo se la guardi dal mare.

MArtin brody – lo squalo

L’ambientazione che Flanagan sceglie per Midnight Mass è l’immaginaria isola di Crockett. Un fazzoletto di terra a trenta miglia dal continente, una piccola comunità – 127 anime – composta da pescatori, da uomini devoti e da donne altrettanto religiose. Un non-luogo intrappolato nella stretta di un progresso che non vuole arrivare e nella cocciutaggine di chi quel progresso, forse, lo vede come una minaccia.

Un ecosistema chiuso, refrattario ai cambiamenti, che prova in modo maldestro a emanciparsi. E prova a farlo tentando di assorbire un corpo estraneo come lo sceriffo Omar Hassam, mussulmano, poliziotto in fuga dalla contemporaneità, un uomo che porta su di sé, su suo figlio e sul suo credo tutte le ferite mal cicatrizzate dell’11 settembre. Ci prova accettando il ritorno di Riley Flynn, ex broker, ex figliol prodigo di Crockett Island che adesso torna a casa con le mani sporche di alcool e sangue. Ci prova accogliendo Erin Green, futura ragazza madre che torna sull’isola con una promessa impressa nel ventre. Un promessa di vergogna, di felicità e di redenzione. E ci prova anche non ribellandosi all’arrivo di padre Paul Hill, giovane prete che prende il posto del veterano Monsignor Pruitt nel suo ruolo di guida spirituale dell’intera comunità.

Da un punto di vista narrativo Crockett Island non è una novità travolgente. La comunità marinara chiusa ha illustrissimi e antichi predecessori (penso a L’ombra su Innsmouth, di Lovecraft, le cui atmosfere decadenti trovano eco nel lavoro di Flanagan) e anche qualche cugino più giovane (per esempio The Third Day e se escludiamo il mare persino un po’ Midsommar). Il valore aggiunto della visione di Flanagan però deriva tutto dal gioco di specchi che lo showrunner mette in campo.

Copyright: Intrepid Pictures

IL RIFLESSO DEL PRESENTE

E io vi mando come pecore in mezzo ai lupi.

Matteo 10,16-23

Se da un lato inquadrare i temi portanti di Midnight Mass è fin troppo facile – un vampirismo generalista che è la quota horror della serie, la morte, la paura della morte e l’ombra nera di una religione senza compromessi – dall’altro pensare che il lavoro di Flanagan non scenda più in profondità è un grave errore. A cosa mi riferisco?

Pensiamo a Crockett Island. Una comunità chiusa e che si chiude sempre più. Una società compressa dai propri riti che accetta senza accettarli mai davvero anche gli elementi estranei. Un piccolo universo flagellato dai problemi economici. Pensiamo all’arrivo di padre Paul. Alle sue visioni. A ciò che crede perché vuole crederci, disperatamente. Pensiamo a tutto questo e cerchiamo di allargare il nostro campo visivo, di estenderlo fino ai confini di un’altra grande, enorme isola. Crockett Island non è forse una lucida e impietosa rappresentazione degli Stati Uniti? Una nazione che è andata comprimendosi dopo le ferite dell’11 settembre. Una nazione che a volte ha perseguito il male pur convinta di fare il bene. Una nazione religiosa che più di ogni altra cosa desidera non provare più il rimorso per le proprie azioni sbagliate ma che anela all’assoluzione. Un’assoluzione totale, un’assoluzione che deriva dal saper di aver fatto quella determinata cosa per il solo motivo che andava fatta. Senza rimorso.

Padre Paul fraintende la portata degli eventi che lo coinvolgono. Fraintende l’orrore con la benedizione. La paura sacra con quella irrazionale ed evolutiva che si prova davanti a un predatore. È talmente accecato dal suo desiderio di aiutare, di fare, che cerca giustificazioni per tutte le sue azioni. Lo fa rivolgendosi alla religione – e qui Flanagan offre una magistrale prova di scrittura scomponendo e ricomponendo le sacre scritture, manifestando come tutto sia deformabile dalle esigenze del momento se il contorno lo permette – e mostrandoci quanto questa possa essere pericolosa nelle mani sbagliate. A Crockett Island le mani sbagliate sono quelle di Bev Keane (altra figura che ha i suoi corrispettivi letterari come nel caso di Mrs. Carmody ne La Nebbia, racconto lungo di Stephen King). Mani che deformano la verità, mani assetate di giustizia e di privilegio. Mani che spingono le incertezze verso la tragedia. Mani che finiscono con lo stravolgere il senso di pecore e lupi, di forti e deboli, di peccati e peccatori.

Copyright: Intrepid Pictures

Specchi E Ombre E MORTE.

La grande città si squarciò in tre parti e crollarono le città delle nazioni. Dio si ricordò di Babilonia la grande, per darle da bere la coppa di vino della sua ira ardente. 

GIOVANNI 16,10

E poi ci sono tutti i chiaroscuri che Flanagan offre allo spettatore. E sono davvero tanti. Incontriamo Erin Green a cui l’angelo toglie ciò che un altro angelo aveva donato a Maria mostrando la vera natura dei miracoli di padre Paul. Ci sono i genitori di Flynn che rappresentano la salvezza e la possibilità di difendere il proprio credo anche contro forze che sembrano irresistibili. Ci sono gli apostoli, c’è un Riley/Giuda che tradisce senza tradire. Anzi. C’è tutto l’ecosistema religioso classico che Flanagan prende, scompone, e ricompone al contrario nella rappresentazione messa in scena su Crockett Island. Apocalisse compresa.

C’è la morte. Partenza e destinazione del viaggio di Flanagan. La paura della morte. L’accettazione della morte. La bellezza della morte e la giustizia della morte. La morte come catalizzatore di errori, di coraggio, di terrore e di redenzione. La forza delle tematiche che Flangan mette in campo è così forte da trasmettersi prima alla scrittura, poi ai suoi personaggi e infine anche agli attori che li interpretano. L’amalgama e l’equilibrio, il collasso emotivo, i dubbi e l’accettazione di ciò che si è – o di ciò che non si vuole essere: tutto si intreccia offrendo un percorso scandito dalle milestones religiose che danno il titolo a ciascuna puntata della serie. E c’è un perdono collerico e inanimato, un’assoluzione infuocata che arriva al culmine di un’estasi religiosa distorta, figlia di sé stessa. Un perdono che si rivolge a Est. Intelligenza, chiarezza di intenti, coraggio.

Quindi Midnight Mass non ha difetti? Pochi. E davvero veniali. Uno su tutti? L’invecchiamento dei personaggi è troppo posticcio. Tutte le altre limitazioni, se di limitazioni si può parlare, sono nell’occhio di chi guarda. Se non avete voglia di seguire l’ordito filosofico e concettuale che Flanagan tesse, se non vi interessa esplorare le insidie semantiche e i tranelli dei fanatismi e degli eccessi religiosi, se non vi interessa cercare oltre l’apparenza, se non vi interessa indugiare sul dolore, sulla disperazione, sull’estasi e sull’onnipotenza, Midnight Mass potrebbe, a tratti, annoiarvi. Se invece cercate dall’horror qualcosa di più, qui lo troverete senza ombra di dubbio.

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