Skip to content Skip to footer

[Recensioni Film] – ‘Fury’ di Brian De Palma

Tempo di lettura: 5 minuti

VOTO:★★★★☆
Questa analisi è stata pubblicata su Nocturno 135

LE ORIGINI
Era il 1978 e mentre il mondo si stava ancora riprendendo dal meraviglioso shock che Guerre Stellari (1977) aveva da poco causato, la creatività di Brian de Palma era tutta concentrata sull’ESP (Extra-sensory perception). Solo due anni prima infatti l’allora trentaseienne regista del New Jersey aveva portato sul grande schermo ‘Carrie’, tratto dal primo romanzo di Stephen King (pubblicato nel 1974).
E’ il 1978 quando, forte del successo che Sissy Spacek aveva contribuito ad assicurargli, Brian de Palma decide di saldare il conto con gli scatenati poteri mentali che tanto terrore avevano inflitto al grande pubblico, americano e non.
La struttura di base di ‘Fury’ ha diversi punti in comune con ‘Carrie’: adolescenti per protagonisti (la stessa Amy Irving che in ‘Carrie’ aveva una parte secondaria ora de Palma la sceglie come cooprotagonista) e l’isolamento che il manifestarsi di poteri ESP infligge ai portatori di questi misteriosi talenti. Ma a differenza del suo predecessore qui vengono accantonate la casualità e l’impatto religioso di questi fenomeni in favore di un approccio più complottista e intrigante. Il MORG (Multiphasic Operations Research Group) è un’organizzazione governativa che si occupa, tra le altre cose, di indagare proprio sull’ESP e di imbrigliarne il potenziale distruttivo. Ed è proprio da qui che si parte.


CAPPA, SPADA E PARANORMALE
Peter Sandza (un Kirk Douglas fortemente voluto da De Palma per dare più lustro alla pellicola) è un agente del MORG e si trova in vacanza in Medio Oriente insieme al figlio Robin (Andrew Stevens) e all’amico/collega di sempre Ben Childress (John Cassavetes, ambiguo e oscuro come sempre). Un improvviso attacco di terroristi impostori orchestrato dal traditore Childress manda in frantumi la quiete dei Sandza. E’ qui che Robin si convince della morte del padre è Childress ottiene quello che vuole: avere per sé e per il MORG i poteri ancora inespressi del ragazzo. Ma Peter non è morto e dopo un anno trascorso sulle tracce del figlio incrocia il cammino di Gillian Bellaver (la Amy Irving di ‘Carrie’), ragazza che sta proprio iniziando a manifestare gli stessi poteri di Robin e che in qualche modo la mettono in contatto con il giovane Sandza. Il film procede con grazia oscillando tra la spy story (in questo il confronto sia interpretativo che carismatico tra Douglas e Cassavetes è una vera e propria perla) e l’horror paranormale fino alla drammatica e sanguinaria conclusione: Robin, ormai trasformato in una folle macchina di morte dagli esperimenti del MORG, diventa vittima della sua paranoia che lo porta a scatenarsi anche contro il padre in una lotta che vedrà la morte di entrambi. Childress sembra aver vinto ancora una volta perché nonostante abbia perso Robin il suo arcinemico Peter è morto e con Gillian può continuare i suoi esperimenti. Ma la ragazza, i cui poteri nel frattempo si sono moltiplicati, ha un altro piano: vendetta. Sfogando tutta la rabbia che lo stesso Robin le ha trasmesso, fa letteralmente esplodere Childress con una deflagrazione di una violenza che nemmeno lo ‘Scanners’ (1981) di Cronenberg riuscirà a eguagliare.

DALLA PROVINCIA ALLE STANZE DEL POTERE
Rispetto a ‘Carrie’ il passo di lato c’è ed è importante. I poteri ESP escono dal guscio dell’esclusività di una ragazza di provincia e diventano qualcosa di cui un intero reparto dei servizi segreti si occupa. Non solo. Robin a differenza di Carrie è un maschio ed è lui il catalizzatore a distanza dei talenti di Gillian e in più esiste un vero e proprio istituto, il ‘Paragon’ diretto dal dottor McKeever (Charles Durning), che studia alla luce del sole i talenti dei ragazzi dotati. E’ come sei nei due anni trascorsi tra le pellicole il misticismo quasi religioso con il quale De Palma aveva connotato i poteri mentali si sia a poco a poco trasformato in qualcosa che si può misurare e calcolare. Al Paragon Institute fanno questo: onde alpha, campi elettromagnetici e strumenti per valutare il potere dei ragazzi. Religione contro scienza? Più una fusione tra le due, come nel tentativo riuscito di estendere il sovrannaturale a tutti i livelli del mondo moderno, donandogli ancora più rilievo.

SANGUE E POTERE
Ma nonostante il passo di lato, c’è un robustissimo fil rouge che lega i due film (e mai nome fu più azzeccato): il sangue come catalizzatore dei poteri ESP, come loro ultima e più crudele manifestazione. Se in ‘Carrie’ la doccia di sangue scatenava la furia distruttiva della problematica ragazza, qui i talenti di Gillian e Robin vanno proprio in quella direzione. Al loro manifestarsi chi sta vicino ai ragazzi vede riaprirsi ferite che sembravano rimarginate, è vittima di violente epistassi o emorragie cerebrali fino a esplodere, letteralmente. Non solo. E’ attraverso il sangue che Gillian vede il futuro ed è sempre attraverso il sangue che la ragazza percepisce il passato di Robin al ‘Paragon’ (tra l’altro, in una delle scene migliori del film nella quale De Palma dà il meglio di sé).
Servizi segreti, odio, abbandono, bullismo, sangue, sensualità, amore paterno. De Palma riesce a passare sotto la lente dei poteri extrasensoriali ognuno di questi temi amalgamandoli tra loro e lasciandoci con un inquietante interrogativo: l’ESP è la riposta comune a tutti gli interrogativi che queste parole suggeriscono o è l’unica alternativa al caos che la loro improbabile coesistenza minaccia di scatenare?
di Maico Morellini

Condividi!

Leave a comment

0.0/5

0