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[Recensioni Film] – ‘Fury’ di David Ayer

Tempo di lettura: 3 minuti

VOTO:★★★½☆

La domanda che orbita intorno a questo film, dal mio punto di vista, è una soltanto: “Quale può essere il motivo che spinge un regista contemporaneo a scrivere e dirigere una pellicola che parla della seconda guerra mondiale?“. Il panorama cinematografico conta ottimi film di questo genere, è stipato di opere accettabili sulla WW2 ma offre anche pellicole mediocri.
Perciò non si tratta di un mercato facile. E la probabilità di raccontare qualcosa di nuovo è tutt’altro che a portata di mano. Ma ‘Fury’, pur non avendo la carte in regola per un viaggio di sola andata verso l’olimpo dei film di genere, riesce comunque a dire la sua.
Siamo alla fine della Seconda Guerra Mondiale e in Germania si stanno consumando gli ultimi scontri tra le forze alleate e le testarde truppe della Wehrmacht. Il destino di Hitler è segnato e l’unica incertezza riguarda il momento in cui il Terzo Reich capitolerà definitivamente. Si combatte nelle campagne tedesche, in città senza nome, su strade che non conducono da nessun parte. Si combatte per accelerare la fine della guerra e per limitare il numero dei morti. E lo si fa nell’unico modo possibile: uccidendo.
Ayer non ci racconta di scontri epici. Non ci parla di battaglie che cambieranno il corso della storia. Il carro armato Fury e il suo equipaggio di cinque uomini muove i suoi cingoli in una terra devastata, resa folle dalla guerra. Combatte perché deve farlo. Combatte perchè, come gli uomini che lo abitano, non sa fare altro.
‘Fury’ è un viaggio. Un viaggio attraverso la solitudine di uomini ai quali la guerra ha tolto ogni cosa. Un viaggio attraverso il destino e la banalità della vita e della morte. Ayer, attraverso gli occhi di Don ‘Wardaddy’ Collier (Brad Pitt), di Boyd ‘Bibbia’ Swan (Shia LaBeouf), di Norman ‘Macchina’ Ellison e degli altri uomini del carro Fury, tenta di raccontarci tutto ciò che la guerra toglie alla razza umana. Ci riesce solo in parte. E’ un americano e per quanto tenti di mantenere un saldo timone verso una narrazione il quanto più possibile neutrale, strizza l’occhio al classico patriottismo stelle e strisce. Forse se ne rende conto perchè tenta, a più riprese, di correggere il tiro. A volte ci riesce, altre volte non tanto.
‘Fury’ ha di certo un pregio: è quello di confezionare alcune scene di battaglia inedite ed efficaci. Lo scontro con il terribile Panzer è straordinario così come la capacità che Ayer mette in campo quando ci racconta la vita di cinque fratelli all’interno di un carro. Sotto certi aspetti, la concreta efficacia delle dinamiche tra i cinque protagonisti mi ha ricordato i ‘tre uomini in barca’ de ‘Lo Squalo’ (1975): “Ci serve un carro più grosso” ed è esattamente ciò che servirebbe a Don contro il tigre.
Il cast lavora bene rivelando una versatilità che non pensavo LeBeouf potesse avere (non ho visto Nynphomaniac però) e confermando le ben note capacità di Pitt.
Nel complesso si tratta di un buon film menomato da un nichilismo di fondo che non ha mai il coraggio di osare quanto dovrebbe.
di Maico Morellini

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