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[Recensioni Film] – ‘Transcendence’ di Wally Pfister

Tempo di lettura: 4 minuti

VOTO:★★☆☆☆

Raccontare qualcosa di nuovo sul tema delle intelligenze artificiali che si ribellano all’uomo non è impresa da poco. Il cinema è pieno di pellicole più o meno riuscite che si contorcono intorno a questo concetto: 2001: Odissea nello spazio (1968), War Games (1983), Electric Dreams (1984), Terminator (1984), Matrix (1999) e chi più ne ha più ne metta. Eppure Wally Pfister (già direttore della fotografia di Chris ‘Re Mida’ Nolan), sfruttando la sceneggiatura dell’esordiente Jack Paglen, ci ha provato. Con che risultati?
‘Transcendence’, a mio parere, è uno dei film più bipolari che mi sia mai capitato di vedere. Ed è anche un ottimo esempio di come NON dirigere una pellicola. Ma andiamo con ordine.
Will Caster (un Johnny Depp piuttosto svogliato, ma ideale per la parte) è uno scienziato che sta lavorando al PIMM, un’intelligenza artificiale dotata di un potere di calcolo inimmaginabile e con una personalità in via di formazione. E lo fa Insieme alla moglie Evelyn (Rebecca Hall), ambiziosa ricercatrice che sogna un mondo migliore. Ma il RIFT, un gruppo estremista nemico della tecnologia, interviene avvelenando Will con del polonio e condannandolo a morte certa. Grazie agli studi di un collega scienziato, però, Evelyn riuscirà a trasportare la coscienza del marito all’interno del PIMM prima che questi muoia. Come reagirà la mente del dottor Caster connessa a tutte le informazioni del pianeta e libera dai vincoli della carne? Non nel migliore dei modi e, forte di una tecnologia superiore, diventerà una vera e propria minaccia per l’intera razza umana.
A dispetto di quello che può sembrare dopo una prima e rapida lettura della trama, la storia di ‘Transcendence’ ha dei numeri. Will non è una macchina, ma è un uomo innamorato della moglie che si trova a disporre di un potere freddo e calcolatore. Un’intelligenza fatta di ricordi e sensazioni ed lui stesso la prima vittima di questi stessi ricordi e di queste stesse sensazioni. Il messaggio profetico che il dottor Caster nella sua versione digitale cerca di trasmettere è interessante e anche il modo in cui lo fa ha sfumature originali. Così come il RIFT e come la figura di Max Waters (Paul Bettany che finalmente ha abbandonato le nefandezze di Priest e Legion), amico di famiglia ma scienziato eticamente problematico che non vede nella tecnologia la soluzione a ogni problema.
Però. C’è un enorme però. Ed è tutto condensato attorno alla figura di Wally Pfister. Una trama del genere nelle mani di qualcuno di più cinico, cinematograficamente intelligente, cervellotico e crudele (che ne so, magari proprio di Christopher Nolan che il film lo ha prodotto) avrebbe avuto tutto un altro sapore. Perché il difetto più grande di ‘Transcendence’ è che si tratta di un prodotto senza cuore. Musiche inesistenti, montaggio discutibile (la scelta di svelare nei primi minuti come finirà il conflitto dell’uomo contro Will Caster è per me massimamente lesiva), eventi che si susseguono uno dopo l’altro con lo stesso pathos di una partita a tombola. Persino il colpo di scena finale, che dovrebbe spiegare la scelta di montaggio, è pretestuoso e poco convincente. Peccato, e lo dico con un grande rammarico. Perché anche le motivazioni della versione digitale di Will Caster sono intelligenti e credibili, così come le sue scelte finali. Ma la fredda approssimazione di Pfister rende tutto fragile e poco comunicativo. Questo, per contro, fa capire quanto sia dorata la mano di Nolan che con trame del genere riesce invece a confezionare gioielli di spietata intelligenza cinematografica.
Per quanto mi riguarda, lo sceneggiatore Jack Paglen è promosso a pieni voti (e la sua concezione di una vita sintetica fa ben sperare per il seguito di Prometheus che sta scrivendo proprio in questo momento) mentre il regista no. Non voglio condannarlo senza appello ma per meritare il nome di Chris Nolan e della moglie Emma Thomas nei titoli di coda dovrà fare, molto, molto di più.
di Maico Morellini

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