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NATHAN BALLINGRUD

Tempo di lettura: 2 minuti
North American Lake Monsters – Nathan Ballingrud

“L’oscurità si era raccolta nella loro casa, stagnando.”

Di oscurità, in questa raccolta, ne troviamo tanta. Un’oscurità dove i mostri – che siano angeli, vampiri, nazisti, creature degli abissi, mutaforma, fantasmi o non morti – sono un travestimento della realtà.

Ballingrud ci racconta vite. Vite tormentate e distrutte da desideri a volte troppo grandi, a volte troppo oscuri. Vite spezzate da eventi tragici e imprevedibili come la scomparsa di un figlio, come un uragano. Vite rese incolori e impalpabili da una relazione sbagliata, da un’ossessione camuffata da amore. Da due solitudini che non riescono ad annullarsi stando vicine ma che, anzi, proprio stando vicine aprono portali su assenze ancora più devastanti.

Sono esistenze, quelle di North American Lake Monsters, che attirano un’oscurità che poi si ciberà di loro. Sono esistenze e storie sospese, quelle di Ballingrud. Storie che non raccontano un finale, una risoluzione, una rivalsa ma che affondano lo sguardo tra le ferite di un tempo tormentato, inquieto e doloroso. L’autore ci spinge verso crocevia emotivi, esistenziali. Vuole che osserviamo l’istante preciso in cui i suoi protagonisti crolleranno, soccomberanno al buio o troveranno una nuova, macabra forma di speranza. Spesso è intorno e dentro a quei momenti che la narrazione dell’autore si estingue sussurrando al lettore che dopo quel momento, dopo quell’istante fondamentale, nulla avrà davvero più importanza.

Ci sono ferite tra le pagine. C’è un linguaggio carico, evocativo e profetico. C’è la volontà di farci percepire il mondo visto attraverso le cicatrici che smagliano i protagonisti, che ne deformano le percezioni, che ne infestano le vite.

North American Lake Monsters non è una lettura luminosa. Ho assaporato – letteralmente – la desolante rassegnazione che solo Raymond Carver, a volte, é riuscito a trasmettermi. Ma qui la resa non è incondizionata. È a suo modo vitale, ostile. Come se proprio in quella resa ci fosse la ricerca frenetica di un’oscurità nuova, di un nido nero sul quale potersi finalmente arrendere. Soffrendo o facendo soffrire. Morendo o, peggio ancora, continuando a vivere.

Lo puoi trovare qui:

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