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j.g. ballard

Tempo di lettura: 4 minuti
Il condominio – J.C. Ballard

Il condominio non è solo un romanzo. Il condominio è una cinica ricostruzione sociale mista poi a un esperimento culturale pari a quello di un entomologo che osserva le formiche in un terrario.

Ballard fa questo, in misura più cinica di quanto farà parecchi decenni dopo Stephen King con il suo The Dome, Ballard fa esattamente questo.

Ci sono i ‘reietti’ dei piani inferiori, la middle class che occupa il centro del palazzo e i padroni che vivono agli ultimi piani. C’è lo scontro, c’è la necessità di questo scontro, l’accettazione di quanto sta accadendo e anzi, il desiderio autodeterminativo che questo debba continuare ad accadere.

Ballard destruttura l’uomo partendo dalla massima rappresentazione del potere antropocentrico: un palazzo ipertecnologico abitato da ricchi, da professionisti, da persone colte, da chi fuori dal palazzo il mondo lo domina. Ma lì dentro? Che significato possono assumere gli ascensori, le scale, i condizionatori, gli impianti elettrici in un ecosistema in cui tutto diventa conflitto?

E’ un romanzo denso. Un romanzo cinico e spaventoso. Sotto molti aspetti, il seguito ideale de L’Isola del Dottor Moreau di Herbert George Wells.

La destrutturazione dell’uomo parte proprio dal momento in cui l’uomo ha raggiunto la sua massima aspirazione: quella di vivere in un condominio come quello dipinto da Ballard, orgoglio di prestigio, testa di ponte per una nuova società urbana. Ma non è il punto di arrivo, quello. E’ l’inizio di una nuova, selvaggia, lotta. Una lotta che è intrinseca della natura umana e che Ballard esamina con ferocia.

Aggiungo, un testo terribilmente attuale scritto più di quarant’anni fa, profetico sotto molti aspetti e che dovrebbe essere da monito a tutti noi.

Lo puoi trovare qui:


Il mondo sommerso – J.G. Ballard

“Se ci riuscirà, come ricompensa avrà tutta la verità dell’Inconscio”

È questa la posta in palio. Niente di più ma, soprattutto, niente di meno. Perché sì, il futuro post-apocalittico di Ballard e del suo Mondo Sommerso sembra ben più fisico che concettuale e lo scrittore descrive con minuzia estetica le non-città sepolte dall’acqua, le lagune e le paludi.

Ma il campo di battaglia, il vero terreno di scontro su cui si misurano Kerans, Beatrice Dhal e Bodkin è di tutt’altra natura.

Ballard costruisce un doppio binario narrativo. Da una parte l’evoluzione (o regressione?) naturale catalizzata dalle radiazioni e da un mondo fisico che sembra collocarsi qualche milione di anni nel passato. E a questa regressione la natura risponde cercando di riposizionare sé stessa in un passato remoto che già conosce. 

Dall’altra la reazione tutta umana a questi cambiamenti. L’uomo non c’era in quel passato Triassico che si è fatto presente nel Mondo Sommerso di Ballard. Non ha appigli evolutivi a cui aggrapparsi e la sua involuzione (o è in realtà un’evoluzione?) si concentra tutta sulla mente, sul campo onirico, su sogni che sembrano più profezione. Su visioni che hanno il potere di un futuro tanto ineluttabile quanto desiderato. Perciò da un lato la concretezza animale e naturale descritta in dettaglio dall’autore, dall’altro la perdita del sé in favore di qualcosa di più grande e profondo.

E al centro di questa strana dicotomia, Strangman. Una metamorfosi post-apocalittica del colonnello Kurtz di Conrad e del dottor Moreau di Wells, dal quale mutua la volontà di giocare a fare Dio. Un uomo (“mi temono perché pensano io sia morto”) che incarna l’ordine e al tempo stesso il caos. Una creatura figlia del suo tempo che si appiglia al materialismo del passato e si oppone allo spiritismo di quello che potrebbe essere un futuro per lui – e per molti altri – incomprensibile.

Ballard, al solito, ci mostra il suo dito e mano a mano, senza accorgercene, ci ritroviamo a fissare la luna. Stilisticamente è di certo un libro figlio del suo tempo ma questo non indebolisce di una virgola le potenti visioni che racchiude.

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