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LE ALTRUI SCALE- RACCONTI PER DANTE ALIGHIERI

Tempo di lettura: 4 minuti

Il 28 ottobre 2021 è uscita in tutte le libreria (e in tutti gli store online, sia digitale che cartaceo) l’antologia Le Altrui Scale pubblicata da Clown Bianco Edizioni e curata dal bravissimo Nevio Galeati.

Di cosa parla l’antologia? Rubo dalla quarta di copertina:

Una jam session di racconti “pop” che attraversano i generi più diversi, ma con un punto in comune: rendere Dante Aligheri protagonista della fiction. Un’antologia che farà venire voglia di riscoprire (o scoprire per la prima volta) l’opera di una delle più grandi voci della letteratura mondiale.

Perciò a settecento anni dalla sua morte una celebrazione di Dante, una celebrazione pop e trasversale. Una celebrazione a cui ho contribuito con “Sangue e Inchiostro“, un racconto di fantascienza (ebbene sì, Dante e fantascienza!), un racconto dalle tinte scure che precipiterà il Sommo Poeta in un futuro imprevisto e imprevedibile. Ad aspettarlo non Virgilio ma l’enigmatico dottor Matteo Abaxi.

A raccontare di Dante insieme a me, una squadra di grandi autori: Luigi Boccia, Paolo Casadio, Alberto Costantini, Caterina Falconi, Annamaria Fassio, Nevio Galeati, Giulio Leoni, Nicola Lombardi, Lisa Milano, Kim Paffenroth e Linda Traversi.

Qui per l’acquisto diretto de Le Altrui Scale su Amazon.

Di seguito ecco l’incipit del mio racconto:

SANGUE E INCHIOSTRO

L’uomo si svegliò. Aprì gli occhi ma l’intento fu subito ricacciato indietro da una luce troppo forte. Poi arrivò il mal di testa. Un ospite invadente che lo costrinse a contrarre la mandibola.
– Piano – mormorò stupito dal silenzio che lo circonda- va. Dall’assenza di echi. Dal suono così piatto della propria voce. Tentò una seconda volta sforzandosi di non richiudere gli occhi e questa volta riuscì a sbirciare qualcosa.
Era all’interno di una stanza. O almeno così sembrava dalla parete spoglia davanti a lui e dall’angolo con cui questa cedeva il passo a un secondo muro, altrettanto spoglio, che scivolava alla sua destra. La luce proveniva dal soffitto o comunque dall’alto. Una luce vivida priva di calore, una luce che non poteva essere quella del Sole.
Il che lo riportava all’interno di quella che doveva essere una stanza.
– Piano – disse ancora.

Allungò le gambe e allargò lentamente le braccia cercando di raccogliere quante più informazioni poteva dall’ambiente circostante. Decise, per il momento, di tenere gli occhi chiusi. Il mal di testa si stava ritirando come trascinato da una lenta risacca e non voleva dargli modo di riacquistare forza.
Tentò una cosa diversa: il fruscio di quelle che dovevano essere lenzuola, un brivido quando, muovendo le gambe, queste gli erano scivolate giù dal petto nudo e subito una lieve corrente d’aria tiepida che andava a riscaldarlo. Poi, freddo.
Il braccio sinistro aveva incontrato quella che doveva essere un’altra parete. Ma se di una parete davvero si trattava, era alquanto strana. Gelida. Liscia. Non pietra. Non legno. Non argilla. Non terriccio. La mano artigliò quella superficie asettica senza ricavare altro se non una confusa incertezza. Il tatto abdicò, offrendogli quello che poteva. Sembrava metallo, ma quando mai le pareti erano fatte di metallo?
– Riproviamo – si incitò poi l’uomo, deciso a scoprire qualche altro particolare.
Solo in quel momento, solo sentendo per la terza volta la propria voce impegnata nello scandire una sillaba in più, solo allora si rese conto che la stranezza di quella stanza era l’ultimo dei suoi problemi. Non ricordava come era arrivato lì. Non ricordava cosa stesse facendo prima di risvegliarsi all’interno di quello che, per quanto ne sapeva, poteva essere anche un enorme sarcofago.
E, più di ogni altra cosa, non ricordava niente. Nome. Cognome. Niente.

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