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[Recensioni Film] – ‘V per Vendetta’ di Larry (Lana) e Andy Wachowski

Tempo di lettura: 5 minuti

Questa ‘recensione’ in libertà risale a marzo 2006 quando vidi per la prima volta ‘V per Vendetta’. Oggi, il 5 novembre, non posso fare a meno di ricordarla.
VOTO:★★★★★
Da dove si comincia per un film così? Io inizio dicendo che non è tutto bianco e nero, tutt’altro.
Due personaggi, sopra tutti, sono di due grigi differenti.
Evey e Finch. Il grigio di Evey da un lato è più scuro di quello di Finch. Lei sa cosa è giusto. Lo capisce e lo sente, ma non riesce a inseguirlo perchè ha paura. Ed è la massima rappresentate della società in cui V nasce. Deve tradire V, deve veder morire uno dei suoi pochi amici e deve essere costretta alla scelta estrema (vita o morte) per risorgere dalle ceneri di una paura che l’ha bruciata sin dalla morte dei genitori. E la sua è una rinasciata molto differente di quella di V. Acqua e fuoco. Lei non è plasmata dall’odio e dalla sofferenza. Ma dai semi che V le ha piantato dentro e che ha fatto sbocciare nel modo più doloroso possibile.
Con lei, V capisce. Capisce che come Evey ha trovato il coraggio e ha dimenticato la paura altri, come lei, possono farlo. Capisce che il mondo è pronto a una rinascita.
Finch. Grigio, ma forse più chiaro di Evey perchè la sua acquisizione di coscienza non è così forzata. Finch ha sacrificato i suoi dubbi all’altare di una sicurezza comoda e come meno dolore ‘apparente’. E’ l’esempio massimo di come il partito possa corrompere uomini buoni, leali e interessati solo alla verità facendo sì che l’unica verità in cui questi possano credere (e che possano cercare), sia quella sussurrata (o urlata) dal partito. In lui sorgono dubbi e incarna il cittadino medio, ma alla fine sa cosa è giusto. Capisce di cosa ha e di cosa hanno bisogno. E lo capisce sempre pilotato da V, ma in modo diverso, più sottile.
“Aspettavo lei” gli dice V. Un uomo fedele ai valori che un sistema senza valori dice di voler proteggere.
E poi ci sono tutte le icone di un regime, e tutte le figure che un regime sfrutta, crea e alimenta. C’è Sadler che assomiglia terribilmente a un Hitler del futuro, che vince le sue guerre con la manipolazione dell’informazione. C’è Creedy. Ideologo del partito, e nero. Nero assoluto. Potere di vita e di morte. Potere di uccidere persino il Cancelliere. Lui è il sistema nervoso che trasmette dolore a paura alla spina dorsale del paese. Al popolo e al Cancelliere. C’è Dascomb che non vede e non sente nulla. E’ un artista e la sua arte è in vendita. Non si fa domande, risolve problemi. C’è Prothero. Nero a suo volta, corrotto e corruttore. Inutile voce di una propaganda che perde forza di giorno in giorno ma il cui strisciare in qualche modo legittima ciò che Sadler e i suoi uomini fanno. C’è il regime, con il suo finto controllo assoluto. Un regime che non può vedere tutto, che fallisce quando qualcuno esce dagli schemi, che basa la sua esistenza sulla paura e sulla mansuetudine del popolo.
E c’è Dalia, grigia come non mai. Ingenua e idealista. Devota alla causa della scienza, mascherando i suoi intenti con una patriottismo corrotto e narcisista. Al crollare del suo castello di carte capisce, finalmente. Ma è tardi. Il suo grigio ormai è nero.
“Non è per quello che volevi fare. Ma per quello che hai fatto” e ancora “Senza di te non sarebbe stato possibile farlo”.
E poi c’è V.
V desidera Vendetta. Vuole far capire che per certe cose non esiste redenzione. Vuole far capire che non c’è modo di salvare il paese se non si distruggono tutti i simboli che lo hanno portato a quel punto. Lui compreso. Il suo domino, il lavoro al quale ha dedicato tutta la sua vita da uomo libero, non si completa. Resta un tassello, rosso e nero. E’ lui quel tassello? Che racchiude l’essenza del bianco e del nero? Che deve essere rimosso dall’affresco complessivo per completarlo? E’ Evey? Che deve decidere cosa fare del futuro? O sono Evey e Finch. Due facce della stessa medaglia che arriveranno a decidere insieme come raccogliere l’eredità di V?
E ci siamo noi nel film. Ci siamo noi che ci voltiamo quando scene violente vengono a turbare la ‘routine’. Ci siamo noi che siamo impauriti da cose che non capiamo. Siamo noi l’interlocutore di V. Dei suoi messaggi.
“Non ci sono certezze, solo opportunità” dice V. C’è lopportunità di non voltarsi davanti al male, quando lo si riconosce. Di guardarlo e riuscire a riconoscerlo. V ci dà questa possibilità.
Concludo con Valerie. La storia di una ragazza diversa che vince la sua battaglia contro il padre e contro chi rifiuta la diversità riuscendo a ritagliarsi un angolo di felicità. La storia di una ragazza diversa, distrutta in nome di una sicurezza presentata come unica alternativa al caos. Ma non è l’originalità della storia a colpire. Sono le parole di Valerie. Una dopo l’altra cadono su di noi. Vere e terribili.
E portano la consapevolezza di cosa è realmente prezioso. “Un centimetro…”
di Maico Morellini

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1 Comment

  • Florian
    Posted 24 Novembre 2015 at 09:32

    In Verità questa Vichyssoise Verbale Vira Verso il Verboson, pertanto non aggiungo altro se non che per me si tratta di un film incredibilmente artistico. Sfido a trovare un adattamento cinematografico nel quale resta intatto il “look and feel” di una graphic novel a livelli così alti.

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