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RL – ‘Lo Hobbit’ di J.R.R. Tolkien

Tempo di lettura: 3 minuti

La mia prima lettura de ‘Lo Hobbit‘ (1937, pubblicato però in Italia nel 1973) risale ai gloriosi tempi delle scuole medie, per merito di una professoressa di italiano decisamente illuminata. Avevo ricordi piuttosto confusi in merito e in previsione dell’imminente uscita cinematografica, ho deciso di rileggerlo. E la cosa mi ha richiesto poco più di un paio di giorni.

Prima di tutto parliamo di un libro che è stato definito da personaggi molto più illustri del sottoscritto come una meravigliosa storia per bambini. E non posso fare altro che accodarmi a questa definizione. Bilbo Baggins, un hobbit della Contea dotato di innato spirito avventuroso, si trovo coinvolto nella ‘riconquista del tesoro’. Tredici nani infatti, guidati dallo stregone Gandalf e da Thorin Scudodiquercia, stanno per affrontare una missione che dovrebbe culminare con l’uccisione del malvagio e possente drago Smog (o Smaug), usurpatore della Montagna Solitaria e terrore dell’Occidente. Inizia così per il signor Bilbo Baggins, hobbit per bene e rispettoso, una straordinaria avventura che lo cambierà in tutto e per tutto.
Tanto ci sarebbe da dire sulle tematiche ricorrenti di Tolkien e sulla struttura fiabesca che ne ‘Lo Hobbit’ viene ripercorsa in tutti i suoi punti fondamentali e molto di più ancora sui continui riferimenti che Tolkien fa all’Unico Anello (del quale Bilbo entra in possesso a un terzo del romanzo) e alla complessa struttura della Terra di Mezzo. Uno dei grandi meriti de ‘Lo Hobbit’, se si ha una certa conoscenza dell’universo tolkeniano, è proprio quello di ammiccare in modo delicato all’autore, senza però lasciare mai una fastidiosa sensazione di incompiuto anche a chi non conosce tutti i segreti di Arda. Questo è possibile anche e soprattutto grazie allo stile. Come dicevo ‘Lo Hobbit’ si presenta come un storia per bambini e la struttura lo conferma: narrazione veloce e linguaggio semplice (tolte alcune parole, per esempio ho scoperto che le narici degli animali si chiamano froge) sopra le altre cose. Una scelta, questa, che non sminuisce comunque l’epicità tutta tolkeniana di certe situazioni.
Mentre leggevo, poi, mi sono fatto travolgere narratograficamente (mi concedo questa licenza) da ciò che potrebbe essere su grande schermo e adottando un punto di vista più profondo, magari cercando di imitare quello dello stesso Peter Jackson (che i film li ha girati), ho trovato in effetti un mole imponente di  materiale anche per tre pellicole. Gli accenni alla prigionia di Thrain a Dol Guldur, al Bianco Consiglio e alla sua battaglia contro il Negromante, la stessa battaglia dei Cinque Eserciti. Nonostante la relativa lunghezza del romanzo (parliamo di circa 260 pagine) una narrazione spiccia e intensa fa sì che in effetti succedano molte cose e molte altre vengano accennate in modo astuto.
La brevità dell’opera (di sicuro molto breve se paragonata al ‘Il Signore degli Anelli‘) non impedisce comunque a Tolkien di raggiungere tutti i punti a lui cari rivestendo tutto anche di grande drammaticità.
Insomma, senza dire molto altro, ‘Lo Hobbit’ è per certi versi un libro strano ma stupendo. Essenziale sotto molti aspetti, crea comunque personaggi definiti e ai quali è impossibile non affezionarsi e lo fa sfruttando le nostre corde emotive più giovani che aspettano solo di essere pizzicate da mani esperte. Per farci sognare ancora.

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