Skip to content Skip to footer

Abbiamo ucciso la Balena Blu

Tempo di lettura: 4 minuti

Lo ammetto: qualche mese fa dopo aver letto un lungo articolo pubblicato su un titolato quotidiano online (non avevo visto il servizio de Le Iene) sono stato il primo a parlare con alcuni colleghi del Blue Whale. A modo mio, ho contribuito a diffondere un morbo dai contorni indefiniti i cui margini di veridicità sono ancora molto nebulosi anche se, possiamo dirlo, non esiste nessun Blue Whale.
Perciò, ora che si è detto di tutto e di più sul (non)fenomeno, cosa possiamo aggiungere? Chi mi segue sa che sono appassionato di social network e soprattutto di come questi stanno impattando sulla società, di come cambiano la struttura mentale di chi li utilizza e anche di chi non ne fruisce in modo massiccio.
Per come la vedo io, al netto del circo mediatico scatenato intorno al Blue Whale, tutta questa esperienza ci ha fornito alcune coordinate sulle quali voglio, e spero mi seguiate, riflettere.
Prima considerazione: i bambini/ragazzini hanno sempre avuto i loro spauracchi, i loro mostri, le loro paure irrazionali sviluppate all’interno di un ecosistema escluso agli adulti. Il lupo, i vampiri negli scantinati, l’uomo nero, il ba bau o il più recente Slender Man. I grandi sono ammessi, ma la loro funzione è razionale e ottusa, incapace di comprendere ma ostinata nel rassicurare.
Seconda considerazione: da un po’ di tempo a questa parte, e di certo siamo nel periodo storico in cui questa situazione è più manifesta, c’è uno scollamento tra la capacità degli adulti di essere al passo con le dinamiche tecnologiche cui sono soggetti i bambini/ragazzini.
Le leggi non scritte interne ai social network, perché ci sono principi di funzionamento occulto nei social dei quali abbiamo rilievo solo quando questi sfociano nel cyber-bullismo o deflagrano in eventi altrettanto eclatanti, eludono il controllo degli adulti. O per disinteresse generale, o per incapacità antropologica (e non volontaria) di comprendere o per mancanza di tempo. Fatto sta che i bambini/ragazzini hanno per le mani uno strumento necessario, imprescindibile ma che sfugge alla funzione razionale degli adulti.

Uniamo questi due punti e cerchiamo di applicarli al Blue Whale. Anzi, facciamo un esperimento contrario. Applichiamo il Blue Whale alle due considerazioni di cui sopra. Cosa succede?
Fatto: il Blue Whale non esiste. Questo è l’unica certezza che ho maturato in questi mesi. A tutti gli effetti è un moderno spauracchio, un’evoluzione 2.0 dell’uomo nero, del lupo cattivo, dello Slender Man. Un’attualizzazione naturale innestata sulle moderne tecnologie di qualcosa che c’è sempre stato e sempre ci sarà. Ma il disordine informativo unito all’inadeguatezza del mondo adulto rispetto al rapporto che i bambini/ragazzini hanno con il mondo social ha creato un micidiale cortocircuito.
L’adulto non è stato in grado di recitare la sua consolidata funzione razionale e ottusa. L’adulto si è spaventato, ha frainteso, il Blue Whale non è rimasto ciò che era, un mostro a uso e consumo dell’universo infantile, ma ha bucato lo schermo razionale. Il mondo dei grandi l’ha adottato e ha iniziato a parlarne non come si minimizza il mostro sotto il letto, ma come si gestisce la reale minaccia di un malintenzionato.
Hanno – abbiamo – ucciso la Balena Blu trasformandola in qualcosa di concreto, in qualcosa che i bambini/ragazzini non sono più stati in grado di gestire perché sfuggito alle loro normali coordinate. E’ tuo padre che ti fa dormire con la luce accesa perché ha paura l’uomo nero possa farti del male, è tua madre che sbarra porte e finestre per impedire alla strega cattiva di portarti via. Adesso il Blue Whale, o meglio quello che rappresenta, fa davvero paura perché gli adulti gli hanno permesso di esistere davvero.

Se c’è qualcosa da ricordare di tutta questa faccenda, se c’è qualcosa su cui forse vale la pena riflettere, è proprio la necessità di lasciare ai bambini il loro mondo, di comprendere come questo si sia adeguato alle nuove tecnologie e di non volerne a tutti i costi fare parte. E’ difficile, è complicato ed è uno sforzo inedito. Ma chiediamo alle nuove generazioni di crescere sempre più in fretta, non uccidiamo anche i loro mostri.

Altre considerazioni sparse:
La necessità degli assoluti – 8 Marzo 2017
Filosofia, scienza, fantascienza e assoluzione – 31 Gennaio 2017
Intelligenze artificiali? – 31 Agosto 2016
Twitto quindi sono – 14 Aprile 2015
Se volete avere informazioni sulle mie recensioni, sulle mie uscite letterarie e sulle mie partecipazioni a Convention e /o fiere, iscrivetevi alla newsletter inserendo il vostro indirizzo email in fondo alla pagina.

Condividi!

1 Comment

  • Steffy
    Posted 4 Ottobre 2020 at 18:13

    Insieme al tempo di lettura dovresti mettere anche il ‘tempo di elaborazione’. 🙂 A parte gli scherzi, quello che dici mi sembra interessante, anche condivisibile probabilmente, ma incompleto. Purtroppo dobbiamo usare ancora parole e non penso sia il metodo più adeguato per spiegare il nuovo campo sul quale si gioca l’attuale conflitto generazionale. Posso dirti solo una cosa, forse la soluzione migliore è sempre quella di guardare negli occhi e parlare con i bambini/ragazzi, ascoltare con le orecchie, la mente ed il cuore. Tutto il resto sono ………..balocchi!

Leave a comment

0.0/5

0