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Recensioni Film – ‘Sucker Punch’ di Zack Snyder

Tempo di lettura: 3 minuti

VOTO:★★★★☆

Che Zack Snyder avesse dei numeri, lo avevo intuito in tempi non sospetti con il suo ‘L’alba dei morti viventi‘ (2004), coraggioso remake del capolavoro romeriano. Già qui, sulle memorabili note di ‘The Men Comes Around’ (Johnny Cash), aveva dimostrato un certo talento nella sintesi narrativi su colonne sonore di grande spessore. Talento, il suo, giunto a pienissima maturità in ‘Watchmen‘ quando riuscì in una sintesi ucronica straordinaria, facendola accompagnare da Bob Dylan e dalla sua ‘The Times They Are a-Changin”.
Parlando di questo ‘Sucker Punch’ non potevo non spendere due parole sul regista perchè, mai come in questo caso, il film è proprio figlio del talento di Zack Snyder. Visionario e coraggioso, crudo e violento, mescola la grande maturità di Watchmen con l’artistica cretività di ‘300‘. Non ha alle spalle una solidissima narrazione come invece aveva Watchmen, e al tempo stesso è però molto più impegnato di 300. Se da un lato l’impianto narrativo non è così originale e in effetti si svolge in modo piuttosto lineare, senza colpi di scena e poi srotolando diligentemente tutta la trama, dall’altro Snyder non si risparmia nulla in termini di violenza e crudezza. La storia, condita dell’illusoria grandezza della libertà, è nella sua essenza triste, sofferta, straziante. In questo la diafana Emily Browning, che si è fatta le ossa con una doppietta di interpretazioni inquietanti in ‘Ghost Ship‘ e ‘The Uninvited‘, si incastra alla perfezione nella, non mi stancherò mai di ripeterlo, visionaria struttura di Sucker Punch. La regia poi, non è mai banale con scelte azzeccate e finissime (non mostrare certe cose ma lasciarle all’inventiva dello spettatore, il taglio fumettistico di molte situazioni, la lobotomia, persino il surreale musical dei titoli di cosa). Un film, in più, sulla crescita e sul sacrificio che mostra la crudeltà del mondo in cui non si ottiene niente senza una grande perdita. Un messaggio che, seppure condito dalla caleidoscopica materia delle illusioni, c’è ed è presente in modo molto crudo.

La mia impressione è che, come era stato per 300, anche questo film sia un esperimento nel quale Snyder affina le armi che dovrà usare, al suo meglio, nella sua attesissima fatica Superman: Man of Steel. In più, e mi ha fatto molto piacere, non ho potuto fare a meno di notare le similitudini tra questa pellicola e ‘Inception‘ (i livelli di visione snyderiani richiamo molto i livelli del sogno nolaniano). Un connubio, questo, che rafforza la mia idea di una nuova generazione di registi, giovani e senza freni, come erano stati ai tempi Spielberg, Coppola, Scorsese.
di Maico Morellini

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