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[RECENSIONI LIBRI] – ‘Orrore sull’isola’ di Mo Hayder

Tempo di lettura: 3 minuti

VOTO:★★☆☆☆

Sono incappato in questo romanzo per puro caso. Non conoscevo l’autrice e non avevo sostanzialmente idea di cosa trattasse: una delle mie trimestrali escursioni casuali nel mondo della letteratura. A differenza di quanto era successo per John Connolly però, l’azzardo non mi ha ripagato con una lettura altrettanto piacevole.
Joe Oeksy è un giornalista trentenne specializzato nello smascherare vicende sovrannaturali e quando viene invitato sull’Isola dei Porci (Pig Island, che dà il titolo originale al romanzo) per documentare la comparsa di un ominide biforme (con tanto di coda demoniaca), non crede alle sue orecchie. E’ infatti su quell’Isola che i membri del culto della guarigione psicogena si sono stabilizzati dopo che Malachi Dove, fondatore del gruppo e antica nemesi di Joe Oeksy, ha fatto perdere le sue tracce. Dall’arrivo sull’Isola iniziano a susseguirsi strani e misteriosi eventi che si svilupperanno in un’indagine serrata e in una battaglia a distanza tra Joe e il suo arcinemico Malachi.
Partiamo con le note positive: il romanzo si legge comunque in fretta. Le prime cento pagine scorrono molto veloci e la scelta di scrivere in prima persona (che io in genere detesto) è interessante perché il personaggio di Joe funziona. Poi però le cose si complicano.
Non ho, per esempio, capito la scelta dell’autrice di alternare il punto di vista di Joe con quello della moglie Alex e di farlo attraverso presunte lettere che la donna scrive al suo psicologo. Qui la sospensione di incredulità va a farsi benedire. Come lettere non sono credibili, per niente. E la donna, che scrive in prima persona, lo fa in modo troppo barocco e davvero poco realistico.
Joe, a lungo andare, è un problema. Se inizialmente il suo odio per Malachi Dove è un motore sufficiente poi si comporta davvero in modo troppo stupido e irrazionale facendo esattamente tutto quello che non dovrebbe. In più la tensione narrativa portata avanti in modo egregio durante le prime pagine subisce continue aggressioni da parte dell’autrice tanto da rendere alcuni passaggi noiosi.
Ultimo neo, il finale. Non tanto per il colpo di scena, quello è riuscito. Ma per il come ci si arriva: troppo in fretta, in modo troppo rapido e poco emozionale. Mo Hayder aveva una buonissima cartuccia che ha deciso di sparare senza prendere la mira e senza darsi il tempo di colpire al momento opportuno. Una chiusura così rapida è più tipica di un racconto breve con tutti i problemi di spazio che presenta ma nel momento in cui l’autrice scrive 250 pagine, è in debito con il lettore di una conclusione meno affrettata.
Leggendo qua e là, mi par di capire che sia una delle opere meno riuscite della Hayder e questo depone a suo favore: la affronterò di nuovo andando a pescare i suoi pezzi migliori.

di Maico Morellini

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