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[Recensioni Film] – ‘X-Men: Apocalisse’ di Bryan Singer

Tempo di lettura: 5 minuti

VOTO:★★★★☆
E alla fine l’ora è giunta. Dopo un lungo hype iniziato a giugno 2014 quando la scena post-credit di X-Men: Giorni di un futuro passato ci mostrava En Sabah Nur impegnato nell’edificazione del suo impero egizio, finalmente siamo arrivati al dunque: è il 1983 quando il padre dei mutanti si risveglia offrendo agli uomini X la prima, vera lotta per la salvezza del loro mondo.
Sono passati dieci anni da quando Magneto e gli altri mutanti si sono rivelati al mondo sventando il piano di Bolivar Trask (Peter Dinklage) e dimostrando che non tutti gli homo sapiens superior hanno intenzioni ostili verso l’umanità. Dieci anni nei quali Magneto ha cercato di rifarsi una vita rinunciando ai suoi poteri nella disperata ricerca di una famiglia, due lustri che hanno visto Mystica (Jennifer Lawrence) impegnata nell’emancipazione dei mutanti sfruttati e vessati dall’uomo (molto interessante l’arena berlinese) e nei quali Charles Xavier (James McAvoy) mantiene la sua promessa aprendo una scuola per giovani dotati.
Tutto fino a quando Apocalisse (Oscar Isaacs), il primo mutante ridotto a un sonno millenario in seguito a un drammatico tradimento, si risveglia: En Sabah Nur inizia la ricerca dei suoi quattro cavalieri pronto a trasformare il mondo degli uomini a suo immagine e somiglianza, e soprattutto pronto a estinguere i più deboli (tema, questo, cortocircuitato nella scena post-credit).
La trama a conti fatti si può davvero riassumere in queste poche righe e a dispetto della sua apparenza così stringata si colloca alla perfezione nell’economia complessiva del progetto ‘trilogia delle origini’. ‘First Class’ (2011) era una rivisitazione in chiave spionistica del mondo degli anni sessanta con l’aggiunta della variabile mutante, ‘Days of future past’ (2014) ricalcava una delle più belle storie a fumetti rigenerando con puri colpi di genio la continuity seviziata dal mercenario Brett Ratner. ‘Apocalisse’ ci presenta il villain fumettistico per eccellenza e lo insaporisce con uno dei piani per la distruzione del mondo più classici. Semplicità, essenza, coraggio: tre caratteristiche che, almeno in questo 2016, nessun altro regista di cinecomics è riuscito a mescolare in maniera altrettanto efficace come invece ha fatto Bryan Singer.
Perché la forza di ‘X-Men: Apocalisse’ è proprio la sua semplicità. I personaggi portanti sono stati approfonditi nelle pellicole precedenti e basta davvero poco, ormai, per farli muovere in modo convincente. Non ci stupiamo della reazione di Magneto davanti alla tragedia che lo colpisce, non ci stupiamo di come Charles tenti in modo testardo la via del compromesso così come non ci stupisce nulla di ciò che fa Apocalisse. E’ un cattivo di azione, non concettuale, e sappiamo benissimo tutto quello che succederà. Eppure questo non sminuisce il valore del film per almeno tre motivi. Il primo è il coraggio, una dose di sanguinosa coerenza sconosciuta alla Disney (e alla Marvel targata Disney) e pare anche bandita dal filone DC in corso. Il secondo è il fatto che dietro alla macchina da presa abbiamo l’uomo giusto nel posto giusto al momento giusto: Singer ama gli X-Men. Ricordo ciò che disse su Magneto, ai tempo del primo X-Men (2000): lo definì un personaggio vittima delle sue emozioni anche a causa del suo potere così materiale, di un dono fortemente legato alla concretezza delle cose. In più abbiamo a che fare con un regista di grande, grande talento e questo riesce ad arricchire la semplicità del film con tanta, buona tecnica. Terzo motivo: la continuity. Per Joss Whedon le stringenti esigenze di restare al passo con il progetto Vendicatori e con i suoi ritmi scadenzati si erano rivelate fatali in ‘Ultron’, Zack Snyder non era riuscito e equilibrare l’apparizione repentina e slegata dai futuri membri della ‘Justice League’. Singer completa il meccanismo perfetto iniziato nel 2014 con ‘Giorni di un futuro passato’ saldando anche il conto con Wolverine, l’X-Men del 2000 e tutte le pellicole X uscite in questi anni.
Non solo: trova anche il tempo di strizzare l’occhio ai tanti fan degli uomini X prendendo in giro sé stesso e piazzando una bella, giusta, coltellata all’ignominioso ‘X-Men: Last Stand'(2006). Citando Jean Grey: “Lo sanno tutti che il terzo film della saga è il più brutto”. E pronuncia queste parole nel 1983. Non dico altro. Poi potrei tessere le lodi del meraviglioso Quicksilver (Evan Peters), del ghetto in cui opera Calibano, del rapporto ribaltato tra Scott e Alex Summers. Ma per queste cose, vi rimando alla visione del film.
Perciò abbiamo davanti un prodotto perfetto? No, ma tutte le sue imperfezioni sono volute. Non può reggere il confronto con la precedente pellicola ma solo perché non vuole farlo. ‘X-Men: Apocalisse’ è un film sincero in tutto e per tutto, il prototipo definitivo di ‘cinecomics’ nella sua configurazione da albo. Quello che Disney e DC non sono riusciti a fare per mille motivi più uno, Singer lo confeziona con una sicurezza disarmante. Per come la vedo io, un vero e proprio manuale di cinescrittura-fumettistica.
Nota di biasimo per il doppiaggio: sempre peggio, sempre più in basso.
Due parole, ma davvero solo due, sulla scena post-credit. Ho ancora i brividi per tutti i sottintesi che contiene, per come è stata presentata e soprattutto per quel benedetto click che chiude la valigia dei men in black comparsi nei pochi minuti finali.
Non voglio dire altro per non spoilerare ma vi aspetto al varco e se davvero quel nome sulla ventiquattro ore è una profezia … be’, a quando il prossimo film?
di Maico Morellini

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