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Recensioni Film – “World War Z” di Marc Forster

Tempo di lettura: 3 minuti

Partiamo subito con quei piccoli e grandi dettagli che, ancor prima di vedere “World War Z”, potevano complicare la riuscita della pellicola. Per prima cosa una delle penne dietro la sceneggiatura era quella di Damon Lindelof che già tanti danni ha fatto a ‘Star Trek: Into Darkness‘ (2013). Poi WWZ si basava sul romanzo di Max Brooks (figlio di Mel Brooks) la cui struttura era quella di una storia costruita sulla base di tante interviste unite a tratteggiare un mondo invaso dagli zombie. Meccanismo narrativo piuttosto complesso già usato con poca fortuna da George Romero in ‘Diary of the Dead’ ma che NON è stato replicato all’interno del film. E per concludere si tratta di un film sugli zombie (o presunti), e in quanto tale deve per forza misurarsi con le creature di Romero, con il remake di Zack Snyder (‘L’alba dei morti viventi’, 2004 precursore dei morti viventi corridori) e con tutta una serie di film a tema, come ’28 giorni dopo’ (2002) di Danny Boyle.
A suo favore WWZ aveva il supporto di Brad Pitt che forte, fortissimamente, aveva voluto la realizzazione di questa pellicola. E’ sufficiente che uno degli attori più famosi al mondo si getti anima e corpo in un progetto del genere per renderlo un buon prodotto?
La risposta, purtroppo, è no.
Gerry Lane (Brad Pitt) è un ex agente dell’ONU, tutto casa e famiglia, che viene richiamato in servizio (con la garanzia di vedere i propri cari al sicuro in cambio del suo operato) dopo che un’improvvisa (e poco credibile) invasione zombie metta a ferro e fuoco tutto il mondo. Inizia perciò la sua indagine alla ricerca del paziente zero vittima del misterioso virus per dare una chance di sopravvivenza alla razza umana. Viaggiando dalla Corea a Israele, per finire in Inghilterra, Lane scoprirà un punto debole dei terribili morti viventi in grado di dare speranza all’uomo.
Il film dura quasi due ore e, possiamo considerarlo un pregio, non annoia. Ma gioca facile alternando momenti di azione massiva con sessione da horror survival stile ‘Resident Evil’. Tutto questo a scapito dei protagonisti principali: gli zombie. Corrono, sono super veloci, dotati di una forza incredibile e se ti mordono in dodici secondi sei fatto. Ma sono relegati a strumento evolutivo e se l’ipotesi che il virus origini in modo naturale (o quasi) è interessante  purtroppo viene appena tratteggiata e relegata ai vaneggiamenti di uno scienziato il cui scopo è solo quello di indirizzare Lane sulla retta via. Mentre il film è farcito, in modo maldestro, di messaggi positivi e mielosi spesso demandati a tante chiacchiere e poca simbologia.
La volontà di renderlo accessibile e digeribile al grande pubblico poi è fin troppo evidente: bassissime dosi di sangue e violenza (zombie educati, che mangiano con coltello e forchetta quasi) e info dumping a profusione, come se gli sceneggiatori temessero di avere per le mani una storia troppo complessa da far capire.
Insomma, come zombie movie proprio non ha valore aggiunto. Se l’invasione dei non morti voleva essere pretestuosa per sviluppare altre trame, le altre trame non ci sono. Come film di intrattenimento funziona anche, ma inizia a diventare una scusante troppo abusata per tutte quelle pellicole con debolezze conclamate e poca sostanza perciò in questo caso non mi basta.
L’unico pregio è il nome di Brad Pitt come mecenate dell’operazione: vista la struttura del romanzo di origine il brand ‘WWZ’ potrebbe dare origine a infiniti spin-off ambientati nello stesso universo narrativo che ha valore oggettivo.
Ma non trattato in questo modo.

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