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POVERE CREATURE! DI YORGOS LANTHIMOS

Tempo di lettura: 5 minuti

“Mi sono avventurata ma non ho trovato altro che zucchero e violenza”

Bella Baxter

Ci sono una Londra vittoriana (e steampunk, cioè con una tecnologia a vapore decisamente più avanzata della realtà storica cui siamo abituati). C’è Godwin “God” Baxter. uno scienziato tanto deforme quanto geniale. C’è Max McCandles, l’assistente empatico e di buon cuore del dottor. Baxter. C’è Duncan Wedderburn, un avvocato donnaiolo dedito ai piaceri della carne.

E, più di tutto, c’è Bella Baxter. Una nobildonna inglese suicida che viene riportata alla vita da Godwin Baxter e il cui cervello sciupato dalla morte viene sostituito da quello ancora vivo del feto che porta in grembo.

Poche righe e già le coordinate offerte dal regista greco Yorgos Lanthimos attingono a piene mani da un immaginario ben noto (oltre che dall’omonimo romanzo di Alasdair Gray) seppure qui declinato con un brillantissimo gioco di specchi.

Non è il mostro rianimato a essere deforme – Bella è incarnata dalla bravissima e bellissima Emma Stone – ma è lo scienziato a esserlo. E lo è per colpa del suo ‘creatore’ – il padre – che ha usato Godwin Baxter come un vero e proprio modello anatomico su cui sperimentare le sue teorie scientifiche.

In un staffetta di perdizione e di cinismo Duncan Wedderburn (un Mark Ruffalo in stato di grazia) e Harry Astley incarnano la figura di Lord Henry Wotton, mentore in negativo di Dorian Gray nel romanzo di Oscar Wilde. Ma qui è Bella a trasformarli – soprattutto a trasformare Duncan – in una sorta di suo ritratto. Bella scopre il mondo, si affranca sempre più da Duncan il quale viene distrutto da questa indipendenza di Bella.

Poi c’è il nucleo del film. L’appropriarsi femminile del proprio corpo. Il fatto che questo avvenga in maniera così poderosa quando una mente infantile ha a disposizione un corpo adulto sin da subito. Il fatto che l’iniziare a essere parta proprio da lì, dall’autodeterminarsi, dal potersi dare piacere quando si vuole e come si vuole. E dal fatto che sia questo il motore che spinge Bella a voler scoprire il mondo. Il piacere – prima solo ricevuto e poi dato – diventa la chiave di volta del suo viaggio di formazione. Diventa forse la principale lente di ingrandimento che Bella impugna per comprendere. È un piacere privo di morale, quello di Bella. Non lo è, invece, quasi per tutti i protagonisti maschili del film.

Idealmente, Povere Creature! è una sorta di seguito concettuale di Barbie. Il viaggio, in Barbie, finiva con il diventare biologicamente donna a tutti gli effetti. Qui Bella inizia la sua vita di esplorazione proprio grazie alla scoperta di quello che è.

Lanthimos mette insieme questi temi potenti e attuali dando a ogni fotogramma un peso specifico densissimo. Lo fa nel macro, usando un alternarsi l’alternarsi di un bianco e nero fumoso e vittoriano, post-industriale, pre-scoperta del piacere con un il caleidoscopio colorato di Lisbona, del viaggio in nave, e di Parigi. Lo fa nel micro avvalendosi della recitazione fenomenale di Emma Stone e scegliendo, a volte, un punto di vista da ‘buco della serratura’, infilando lo spettatore tra la quarta parete e il palcoscenico. Dandogli l’impressione di essere ben più partecipe alla storia di quanto crede. Lo fa, anche, con una colonna sonora a volte isterica, a volte infantile. Un mondo musicale che cresce insieme a quello di Bella.

Ultima ma non ultima, la quota Lanthimos del film. Cioè l’intreccio tra autodeterminazione di sé e maternità e mondo infantile. Nel mondo di Bella ci sono quattro riferimenti all’infanzia ciascuno dei quali ha un suo peso specifico e una sua attitudine. Ci sono la cura dell’infante e la necessità della sua salute: queste vengono impugnate a Parigi da Madame Swiney come armi di ricatto per tenere legate a sé ragazze troppo intraprendenti. C’è il figlio di Toinette, sempre a Parigi, tenuto lontano dalla madre e usato come catalizzatore di verità per Bella. C’è il bambino piangente sulla nave da crociera che Bella vuole zittire con un pugno. E poi è sempre attraverso il mondo dei bambini che si compie il primo e più estremo sacrificio. Bella, prima di essere Bella, si suicida. La sua rinascita passa per il sacrificio del figlio che porta in grembo e tutta la sua libertà inizia proprio da lì (così come finisce lì la vita di Bella, quando non era ancora bella).

Perciò l’imposizione della maternità – e la maternità stessa – possono essere tremendi strumenti repressivi. Possono incatenare il mondo femminile, possono impedire di essere ciò che si vuole, di liberarsi da sovrastrutture maschili e secolari che creano insana simbiosi tra piacere, possesso e perversione.

Oppure il problema sono gli adulti. Bella nasce già con un corpo adulto e libera di svilupparsi, di conoscersi, di crescere, di esplorare e di osare si trasforma arrivando a comprendere molte e molte cose prima di sé e poi del mondo. E forse, alla fine, siamo noi le Povere Creature. Invischiate in un mondo di zucchero e violenza. Un mondo nel quale

“Dobbiamo sperimentare ogni cosa. Non solo il bene, ma anche il degrado, la tristezza… così possiamo conoscere il mondo. E quando conosciamo il mondo, allora il mondo è nostro.”

Madame Swiney

ma che invece spesso subiamo o che peggio, sbirciamo dal buco della serratura.

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