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Thor: Ragnarok – di Taika Waititi

Tempo di lettura: 3 minuti

VOTO★★☆☆☆

Con questo terzo film il Dio del Tuono raggiunge Iron-Man come numero di pellicole in solitaria (Captain America: Civil War era un mini-Avengers mascherato, perciò Cap resta al palo con ‘solo’ due titoli). Ma soprattutto continua (e forse si conclude?) il percorso isolazionista di Asgard: dopo un primo film molto terrestre, dopo un secondo film che esplorava la mitologia asgardiana e coinvolgeva la Terra in misura minore, arriviamo a Thor: Ragnarok nel quale il nostro pianeta è del tutto assente.
La trama attinge a piene mani dalla nobile mitologia nordica, la rimescola e la trasforma in un caleidoscopico e chiassoso scontro fratricida la cui posta in palio è la fine di Asgard. Se Kenneth Branagh era riuscito nel primo capitolo a tratteggiare in modo convincente Asgard e le divinità che la abitano qui la componente caricaturale che infesta tutto il film ha preso il sopravvento in modo molto deciso.
Di norma le pellicole Marvel hanno una cifra ironica molto marcata e questo è sempre stato un punto di forza anche nei film dai contenuti più impegnati (penso, per esempio a Captain America: The Winter Soldier): qui l’impressione è tutto sia sfuggito di mano. Capisco, soprattutto dopo il successo di Doctor Strange e de I Guardiani della Galassia, la volontà di creare un immaginario fantasy solido andando a esplorare mondi nuovi nei quali poter fare, letteralmente, quello che si vuole. Ma questo non significa necessariamente trasformare Thor, Hulk e compagnia nei Tre Marmittoni.
Personaggi che ci avevano tenuto compagnia nelle due precedenti pellicole vengono falcidiati in poco più (o poco meno) di una scena. Il coinvolgimento di Hulk è piuttosto pretestuoso anche se il gigante verde alla fine risulta essere il personaggio più riuscito.
Va bene, stiamo parlando di un cinecomic e l’eccesso di seriosità può fare molti danni (il comparto cinefumetti targato DC ha sofferto di questa malattia cercando però una cura ancor più letale), ma l’arco evolutivo dei personaggi non può flirtare troppo con la demenza altrimenti si rischia di vanificare il buono che c’è.
Un esempio sopra tutti? Loki. Il dio dell’inganno ha uno sviluppo interessante nel rapporto con il fratello e con Asgard tutto ma il contesto nel quale avviene questo sviluppo lo rende accessorio, poco importante, oppresso dalle gag che dovrebbero sorreggerlo ma che invece lo schiacciano.
Di certo non si tratta di un effetto collaterale imprevisto, di certo la Disney VOLEVA confezionare una pellicola con questo taglio ma è proprio questa scelta che discuto. Non posso dire che si tratti di una decisione in netta discontinuità con la saga di Thor o degli Avengers, ma di certo accelera dove non era necessario accelerare. Winter Soldier aveva dimostrato senza ombra di dubbio la possibilità di coniugare la leggerezza tipica del fumetto Marvel con tematiche anche interessanti e complesse: Thor sembra declinare la sua parte fantasy verso un approccio quasi demenziale. Come gli ultimi Transformer e come gli ultimi Pirati dei Caraibi.
Spero si tratti di una caso isolato: con i prossimi Star Wars alle porte questo approccio potrebbe fare danni irreversibili.

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